Coinvolse uomini
di cultura, letterati, filosofi, poeti, scienziati, con dichiarazioni
in merito alla condizione intellettuale e sociale della donna.
L'idea venne nei
primi anni di questo secolo, a Mesagne, grosso centro a pochi chilometri
da Brindisi. E la ebbe un intraprendente bibliotecario, Giuseppe Capodieci,
d'antica e nobile famiglia che vantava combattenti nelle Fiandre al
tempo di Filippo terzo.
Così ne parlò il biografo gesuita Pellegrino Profilo:
"Uomo d'iniziativa, con lo pseudonimo di Contessina Lina Asparra
iniziò nel 1900 una raccolta di autografi e pensieri di uomini
illustri, e in questa sua opera ebbe la preziosa collaborazione di alcuni
amici, giovani letterati di vasta cultura".
In che consisteva l'idea? E' presto detto: un fantomatico Circolo Artistico
Femminile, ideato dalla "contessina", diramò ai più
noti uomini del tempo un manifesto che conteneva due domande, con le
quali si voleva sapere cosa pensassero gli interpellati del concetto
di femminismo dal punto di vista intellettuale e da quello sociale.
Abboccarono tutti. Basti pensare che risposero filosofi e critici come
Ardigò e Croce, scrittori e letterati come Papini, Bracco, Di
Giacomo, la Deledda, Manzoni, Rapisardi, economisti come Pareto, Pantaleoni
e Loria, il celebre antropologo Sergi, uomini di teatro come Tommaso
Salvini. Le lettere di risposta non hanno tutte lo stesso valore: alcune,
anzi, sono sensibilmente influenzate, o condizionate, dall'ipotetica
"presenza" della contessina, che suscitava chi sa quali sentimenti
e immagini nella fantasia accesa dei destinatarí delle due domande;
al punto che alcune lettere, ignorando del tutto i quesiti, si esprimono
nei confronti del bibliotecario-contessina con frementi frasi d'amore...
Le prime risposte
Primo fra tutti,
rispose Cesare Vivante, dell'università di Roma. Il celebre giurísta
afferma di "non poter resistere al grazioso invito" e risponde
"quasi dogmaticamente". Per essere esatti, non risponde affatto,
poiché nulla dice oltre all'omaggio sentimentale.
L'economista Achille Loria, ben noto per i suoi voli pindarici che hanno
dato tante preoccupazioni e altrettanto filo da torcere al pensiero
economico moderno, azzarda che "dal movimento femminista si attendono
i più benefici effetti". Socialmente, "schiudendo alla
donna un modo di vita decoroso all'infuori del matrimonio, il femminismo
contribuirà a frenare la procreazione e, la un tempo, ad accrescere
e a rendere più varia la produzione". Salvatore Minocchi,
leader della corrente critico-culturale del modernismo, è convinto
che "il grado di civiltà di un popolo e dato dall'espressione
di vita spirituale e dall'educazíone morale che ha nelle generazioni
contemporanee, nella famiglia e nella società, la donna".
E conosciamo bene la predilezione che il buon Minocchi aveva per le
donne, se pensiamo alla maliziosa allusione del Papini a quella "campagnola
sgherra e belloccia" che era la Perpetua di don Salvatore. Con
Salvatore Farina: trionfa il più retorico genericismo, che attende
dal lavoro in comune tra i due sessi la panacea dei mali della società
del tempo.
Più interessante è la risposta di Vilfredo Pareto: "Veramente
io non mi sento capace di dare una soluzione scientifica del problema
del femminismo, e credo che ci vorrà ancor molto tempo, prima
che la sociologia sia da tanto. Dirò dunque solo le mie espressioni
empiriche, le quali hanno poco valore scientifico. A me pare che non
ci sarebbero gravi inconvenienti se alle donne fosse lecito di adire
a tutte le professioni sin ora esercitate dagli uomini. Ciò non
vuol dire che ad esse convenga sempre di fare uso di tale facoltà.
A
tutti gli uomini e lecito scrivere poesia; a pochi, pochissimi conviene
di ciò fare. Riguardo al diritto di essere elettori e deputati,
non so veramente che mi dire. Ci sarebbe una questione pregiudiziale:
quella cioé di sapere se l'ordinamento parlamentare sia quanto
di meglio si possa avere pel governo delle società. Osservo solo
che sono illogici coloro i quali vogliono il suffragio universale e
rifiutano il diritto elettorale alle donne. Se ogni uomo sia pure imbecille
e vizioso, ha diritto di essere elettore, vorrei che mi si spiegasse
perché tale diritto devesi rifiutare alle donne colte, intelligenti,
oneste, so bene che coloro che rifiutano, il voto alle donne, lo fanno,
per timore di avere una Camera contraria alle loro opinioni. Ed or vorrei
mi si spiegasse perché noi dobbiamo assecondare le opinioni di
costoro, e mi si togliesse la contraddizione tra le due proposizioni
seguenti: Il popolo è sovrano. Il popolo deve votare come piace
a noi. Rimane un terzo quesito: se cioé indipendentemente da
provvedimenti legali conviene, giovi, che le donne mutino i costumi
sin ora da esse seguìti. Parmi che in ciò deve contar
molto il gusto degli uomini, come per decidere quali costumi convengono,
giovi agli uomini assai il gusto delle donne. Se agli uomini piaceranno
quei tipi né maschi né femmine a cui si avviano le donne
americane, nessuno potrà impedire che le altre seguano quell'esempio.
Cosa darà una società così composta, non lo so,
e forse nessuno lo può sapere. Ma se l'uomo cercherà nella
donna la femmina sua, e se la donna cercherà nell'uomo il maschio
suo, l'evoluzione americana rimarrà propria di pochi viziosi
e di poche viziose, e prenderà posto fra le tante aberrazioni
sessuali che dai tempi antichi ci sono note. Se la donna cesserà
di essere madre affettuosa pei figli, educati lungi da lei, come nelle
nursery americane, certo sarà lo scioglimento della società
quale la conosciamo da secoli c'è chi dice che l'antica società
sarà così sostituita da altra migliore. Può essere,
ma questa brava gente sarebbe assai cortese se volesse darci qualche
prova del suo asserto. Il movimento femminísta presente trae
valore dai pregiudizi che combatte, ma può riescir vano ove trascorra
sino a voler mutare interamente l'ordinamento della società".
Ogni commento ci pare del tutto superfluo.
Intervengono
i letterati
L'intervento nella
questione femminile degli scrittori e dei letterati, (prescindendo per
un solo momento dall'inchiesta sulla beffa della "contessína'"),
è sempre stato condizionato da un'esigenza, appunto, letteraria.
Per là qualità stessa della loro professione, essi hanno
della donna idee contrastanti, dovute alla differenziazíone della
loro cultura e sensibílità, che va dal settore scientifico
a quello poetico. Scade dunque il concetto della parità giuridica,
e subentra quello della parità morale ed evangelica, della comunanza
ideale fra i due sessi: così i problemi sembrano risolversi alla
luce dei discorsi più sereni e fioriti. Ecco infatti la risposta
di Luigi Pínelli; "La donna è l'elemento primario
della civiltà umana ... Le Signore donne sono il cemento che
unisce gli animi umani, che li informano a virtù, a onestà,
a verità, a civile sapienza, purché la loro mente sia
purgata da tutte le superstizioni religiose ...".
Per Roberto Bracco occorre migliorare le condizioni sociali delle donne
per realizzare la loro indipendenza intellettuale e per soddisfare ancor
meglio il loro istinto d'amare. Praticamente, dice Bracco, togliete
i sacrifici e le preoccupazioni alle donne, queste aquile incatenate,
e consentite loro la libertà d'amare. Dal poeta Rapisardi la
donna è "venerata" per la sua "bellezza e bontà,
due potenze educatrici e dominatrici che la rendono irresistibile a
tutte le forze individuali e sociali". Più realista è
Neera, che rimane "nella convinzione che la donna può fare
tanto bene nel mondo, senza bisogno di sventolare una bandiera di sesso".
Che ci sembra la più netta smentita del femminismo. Opinione,
del resto, condivisa da Giovanni Papini, che da Firenze scrive: "Io
non sono né buono né cortese e penso che il femminismo
è uno dei più sciocchi e pericolosi perditempo di questa
età già troppo infemminita. Auguri di ravvedimento".
Con Salvatore Di Giacomo abbiamo una specie di attribuzione delle funzioni,
perché "l'uomo è nato per lavorare e per produrre
e per battagliare", mentre "la donna è nata per amare".
La parola ai
filosofi
L'opinione comune
vede nei filosofi i beati contemplatori del cielo, lontani anni-luce
dalle cose di questo mondo. A leggere i loro "sistemi" sembrano
pezzi di marmo senza scalfitture. Ma a indagare nella loro vita intima
e privata, li si scopre simili fra i simili. Pochi sono i filosofi che
si salvano dalla contraddizione fra vita e pensiero, e realizzano nella
pratica quotidiana i risultati della propria teoria. L'ultrasessantenne
Pítagora, dopo aver predicato che l'amore puro eleva l'uomo,
prese in moglie Teana, bellissima e ... sedicenne. Aristippo era del
parere che non val la pena di sapere se la donna è nuova o "usata":conta
solo il godimento sessuale. E ci sarebbe da fare una lunga lista, con
nomi illustri, da Socrate a Senofonte, da Platone ad Aristotele, fino
a Campanella, Vico, Ardigò, Russell, i quali tutti si sono interessati
alla questione femminile dal punto di vista sessuale e sociale, intellettuale
e politico.
Ma ritorniamo alla corrispondenza con la "contessina". Giuseppe
Sergi diede il suo parere in due risposte successive, confermando sempre
il concetto che "l'evoluzione sociale possa raggiungere un grado
più elevato nella società per opera della donna se questa
influisca a sopprimere i residui di barbarie primitiva e quelle istituzioni
che sono una continuazione dello stato barbaro e semibarbaro della società
umana". La guerra e il militarismo, pensa Sergi, sono disastrosi
per l'umanità, economicamente e socialmente; solo "la donna
con la sua femminilità" riuscirà a distruggerli e
ad eliminarli. Dal punto di vista intellettuale lo scienziato è
favorevole al femminismo, in quanto può contribuire alla cultura
della donna, a una migliore, educazione della prole, e a porre un valido
argine al vizio e alla delinquenza.
Roberto Ardigò scrive con mano leggera un giudizio evasivo: "Non
mi sento in grado di formulare una risposta alle domande di cotesto
Circolo Artistico Femminile. Solo mi pare di poter dire che confrontando
l'educazione nel campo femminile dello stato di un popolo barbaro e
quella dei popoli più civili, si può arguire per l'avvenire
una ulteriore importanza intellettuale e sociale della donna più
grande ancora della presente".
"Alla sua cortese lettera non posso non rispondere; ma Ella non
deve meravigliarsi se le rispondo che il femminismo è un movimento
che mi sembra condannato dal nome stesso. E' un'idea femminile, nel
senso cattivo della parola. Anche ímaschi hanno i loro problemi
particolarí; ma non hanno inventato ancora il maschilismo!"
Questa, la risposta di Benedetto Croce, per il quale la questione del
femminismo è pregiudizievole: il nome, negativo, condanna l'intero
movimento.
Ai nostri giorni
Oggi, nel momento
in cui la donna ha conquistato molti diritti che una volta erano prerogativa
assoluta e indiscutibile dell'uomo, e mentre addirittura si batte per
raggiungere quell'effettiva, reale, improcrastinabile parità
che - sola - potrà smussare gli spigoli polemici, e le astiosità,
talora le risse, che contraddistinguono le forze in campo, questi documenti
hanno solo un valore letterario, accresciuto dall'interesse che destano
come scoperta di aspetti poco noti - o addirittura sconosciuti - del
pensiero degli uomini di punta, all'alba del secolo ventesimo, quando
l'Italia umbertina si trastullava nei salotti di Torino, di Firenze,
di Roma, e non vedeva le grandi ombre allungarsi verso quel primo conflitto
mondiale che segnò la morte dell'Europa, la crisi della supremazia
intellettuale dell'Occidente, lo sconvolgimento di una società
quasi cristallizzata, l'entrata in scena di nuove forze politiche e
sociali che avrebbero "distrutto le rovine" da lì a
un ventennio. La "beffa della contessina", limitatamente al
problema che proponeva, entra pure nel gioco di concezioni morali, politiche,
ideologiche, letterarie, così bene espresse dalle risposte, per
esempio, di Pareto; dal "gran rifiuto" che accomunò
uomini diversi per temperamento e cultura, Papini e Croce; dall'agnosticismo
dei poeti, come Di Giacomo; dal giovanile entusiasmo di Gorkij, che
promise di mandare un suo ritratto con autografo dalla remota Russia.
Vien fuori una gamma di interpretazioni, un mosaico di pensieri, che
al vaglio di una critica più severa - ove ne valesse la pena
- notevolmente abbasserebbe la statura di tanti "grandi",
i quali fecero la storia, la cultura, la scienza, di quell'Italia che
di lì a poco avrebbe chiesto alle donne di trasformarsi in catene
di montaggio di carne umana da legare in cima alle bocche da fuoco,
dal Piave ad El Alamein.
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