§ Passato e presente

Avventure archeologiche in Puglia




Raffaele Petrera



Dal Gargano alle grotte di Porto Badisco, in un'affascinante itinerario che rivela le remote origini della civiltà di Dauni, Peucezi, Salentini - Le stele di Siponto - I dolmen - I trulli - Le grotte di Porto Selvaggio, nel territorio di Santa Caterina di Nardò.

Le grotte di Porto Badisco e di Santa Cesarea, presso Otranto, ove tra cunicoli che sprofondano nel terreno e vi si addentrano per centinaia di metri, stupefacenti affidate alle rocce nei colori rosso e nero ci parlano ancora dell'arte delle popolazioni preistoriche che in questi siti hanno probabilmente praticato i loro riti migliaia di anni la, non sono le uniche testimonianze per le quali la Puglia emerge come una delle regioni più significative per l'arte preistorica in Italia. A significare questa fase, fino a pochi decenni addietro, era d'obbligo far ricorso ai "puli", denominazione usata in Puglia per designare le conche di origine carsica a forma ellittica o circolare, ricoperte di terreno alluvionale e rivestite di vegetazione. Tali sono ancora quelli di Ruvo, di Altamura, di Molletta e il "pulicchio" di Gravina e di Toritto. In quello di Molletta si aprono grotte preistoriche, scavate nel 1900 da M. Mayer: gli oggetti rinvenuti sono in prevalenza del neo-eneolitico. Altro significante riferimento, era ed è ancora per taluni aspetti, il "dolmen", tipico quello di Bisceglie, in provincia di Bari, che qualche studioso accosta addirittura al gruppo preistorico di Stonebenge in Inghilterra, quale esempio megalitico della venerazione per le pietre delle popolazioni preceltiche. Ma i "dolmen" erano delle tombe preistoriche, individuali o collettive, costruite con poche pietre nude, infisse nel terreno a sostegno di un grande lastrone orizzontale. Da questo tipo primordiale ed essenziale di tombe derivano altri tipi di sepolture megalitiche come quelle precedute dai "dròmos", o corridoi coperti.
In Italia si conoscevano alcune grotte, non molte in verità, ma per quel che riguarda il nostro discorso, quella di Paglicci nel Gargano me una certa attenzione. Essa presenta figure di animali selvaggi, cavalli e uomini di stile naturalistico, riferibili a quella fase finale dell'età paleolitica detta Paleolitico Superiore durante la quale l'uomo viveva ancora ed esclusivamente di caccia e non conosceva né l'agricoltura, né l'addomesticazione degli animali. Queste figure potrebbero farsi risalire a circa 12-15.000 anni fa.
"La stratigrafia rilevatasi ha restituito manufatti litici di tipo gravettiano con frammenti ossei di cavallo, asino idruntino, bue, cervo.
"Gli strati pleistocenici hanno rivelato ognuno tracce di focolari, che indicano una sistematica frequentazione umana dell'antro. Con i manufatti litici sono stati rinvenuti punteruoli, ricavati da schegge di ossi lunghi, e conchiglie forate. Siamo in presenza di un complesso di manifestazioni riferibili a quell'aspetto culturale "gravettiano" ascrivibile al periodo della cultura perigordiana francese. Le pitture della grotta Paglicci raffigurano" - lo ripetiamo - "cavalli che abitavano allora il Gargano. Sono dipinti in rosso ocra con la tecnica dell'affresco. Si sono osservate anche impronte di mani riprodotte a scopo magico. Le pitture e gli ossi incisi dello strato VIII della grotta Paglicci sono stilisticamente inquadrati nelle manifestazioni di arte figurativa del ciclo aurignaco-perigordiano franco-cantabrico... Allo stato attuale delle conoscenze il Gargano è effettivamente un esempio di zona culturale isolata, ricettiva, in cui rapporti di civiltà evolute giungono in ritardo. Tuttavia, elementi propri delle civiltà italiche centro-meridionali, come i bronzi, si sono incontrati nel territorio Vieste: segno questo che anche qui non mancarono gruppi di genti, probabilmente sabelliche, che raggiunsero il promontorio. Il vasellame geometrico dauno raggiunge la piana di Carpino e Monte della Civita presso Ischitella, dove alcuni studiosi locali vorrebbero ubicare la Uria dello storico Erodoto, che invece, corrisponderebbe alla Oria in provincia di Brindisi.
Ma ritorniamo, questa volta con Paolo Graziosi, ("Corriere della Sera") alle grotte di Porto Badisco. "Con la fine dell'ultima glaciazione e con la scomparsa delle culture dei cacciatori paleolitici, anche l'arte subì una profonda trasformazione in relazione all'avvento delle civiltà agricole e pastorali. Al naturalismo paleolitico si sostituiscono differenti espressioni grafiche e scultoree, le quali, attraverso una sempre più accentuata stilizzazione .e schematizzazione, sfociarono in un simbolismo che si e manifestato in forme puramente geometriche e astratte.
"Le pitture della nuova grotta di Porto Badisco in provincia di Lecce vanno appunto riferite a questa nuova fase pittorica d'arte preistorica parietale, fase fino ad oggi scarsamente rappresentata in Italia. "Nella parte finora nota della grotta (molta ne rimane ancora da esplorare) abbiamo individuato una diecina di raggruppamenti di figure dipinte parte in nero o brunastro, parte in rosso. Esse colpiscono per la loro freschezza. Il completo isolamento in cui sono venute a trovarsi, immerse nel buio della caverna, in un ambiente rimasto assolutamente immobile, quanto a umidità e temperatura, attraverso millenni, ha permesso la loro miracolosa conservazione sino ai giorni nostri...Alcune, le meno numerose, hanno carattere verista, sia pure di un verismo scarno, essenziale, infantile. Ricorre quasi esclusivamente il motivo del cacciatore che tende l'arco contro il cervo. Le corna dell'animale sono sintetizzate con tanti piccoli tratti orizzontali attraversati da un segmento verticale. Ma in quantità di gran lunga maggiore sono le figure di carattere geometrico, il cui significato appare a prima vista inesplicabile: quadrati inseriti l'uno nell'altro, spirali, segni cruciformi di differenti fogge complicati da appendici varie, linee a zig-zag, complessi disegni serpentiformi e meandriformi. Ad un più attento esame molte di queste misteriose figure ci appaiono come originate dalla progressiva schematizzazione, metamorfosi o dissociazione di soggetti realistici: in particolare della figura umana. Certe "croci di Malta", certi quadrilateri dalle strane appendici non sono che la geometrizzazione e semplificazione di quattro esseri antropomorfi disposti in opposizione gli uni agli altri.
"Esse risalgono al Neolitico medio, alla metà circa del quarto millennio a.C... Talvolta si ha l'impressione che quelle figure antropomorfe spersonalizzate e dissociate vogliano riprodurre esseri non umani, ma sovrumani".
Eppure, malgrado questi recenti ritrovamenti ed altri ancora cui accenneremo, il panorama che ne risulta è lungi dal potersi considerare completo. Intere epoche, come l'eneolitico, e la prima metà dei metalli, non faranno parte della nostra trattazione, per il fatto che esse sono attualmente pressoché ignote in quasi tutta l'area del nostro interesse, anche se non possiamo non accettare l'ipotesi della presenza della vita umana sulla costa salentina 150 mila anni fa - cioè, secondo gli esperti, prima del periodo interglaciale - con il ritrovamento di pietre lavorate ed altri oggetti in una grotta nel territorio di Nardò. La scoperta - fatta durante le ricerche che vengono tuttora svolte da studiosi delle università di Firenze e Perugia, guidati dal prof. Borzatti-Von Lowenstern - è stata compiuta in una cavità naturale a cinque metri sul livello del mare, nella località Porto Selvaggio, vicino al promontorio di Santa Caterina di Nardò (Lecce). Nella grotta gli studiosi hanno trovato tracce di ossa di animali che potrebbero essere state portate in quella località dagli antichi abitatori.
L'esplorazione è partita da una grande caverna - denominata "Grotta Grande di Ciolo" - che si apre su un'alta scogliera e nella quale, circa 25 anni la, un paletnologo milanese, il Prof. Fusco, trovò resti di insediamenti umani del periodo paleolitico e neolitico.
Durante la recentissima spedizione sono state esplorate gallerie e cavità per uno sviluppo di oltre mezzo chilometro. Gli speleologi hanno interrotto l'esplorazione per il rapido esaurirsi delle scorte di carburo, necessario per l'alimentazione delle lampade ad acetilene, quando erano giunti all'inizio di una grande caverna della quale non sono riusciti a stabilire con esattezza le dimensioni.
Il sistema di grotte - definito il più importante fra quelli marini in Puglia - è costituito principalmente dall'alveo di un grande fiume sotterraneo che in tempi remoti aveva la sua foce nell'estrema punta del Salento. Esso, inoltre, è caratterizzato dalle migliaia di pipistrelli che vi vivono e da depositi di guano - a volte spessi mezzo metro - che ricoprono il fondo delle gallerie. Durante l'esplorazione - che verrà continuata a brevissima distanza di tempo - sono stati trovati selci e cocci di notevole interesse archeologico.
Giacomo Devoto (Tuttitalia, 1965) assegna alla seconda fase culturale, quella del Mesolitico, detta anche Sipontiana, dall'antica città di Siponto, sul golfo di Manfredonia, il contributo alla caratterizzazione di un periodo che si localizza di nuovo sul Gargano, con la stazione di Coppa Nevigata, nei pressi del Lago Salso (Manfredonia).
"Durante l'età del ferro, la Puglia offre un quadro parallelo ma autonomo rispetto a quello della civiltà picena delle Marche e dell'Abruzzo. La ceramica distingue due stili, quello di Borgonuovo (Taranto), appartenente a una prima età del Ferro, e quelli detti, secondo la regione, da uno, peucezio o messapico, corrispondenti alla seconda. Le forme a cratere sono proprie solo della Daunia (Foggia) e della Peucezia (Bari)... Dal punto di vista etnico risulta naturale che le equivalenze siano soltanto approssimative" - anche se lo stesso Devoto aggiunge che - "... Per quanto riguarda il Salento, che in tutti i tempi ha costituito una unità etnica e sociale autonoma, l'archeologia sottolinea la singolarità dei dolmen", ai quali ci siamo già riferiti.
Sempre nell'area sipontina è recente la scoperta di circa duemila stele di pietra incise e dipinte con figurazioni per lo più antropomorfiche dovute a genti italiche e databili, intorno ai tremila anni or sono su quelli che erano gli isolotti disseminati tra le paludi dell'agro sipontino. La scoperta si deve a Silvio Ferri e alla sua Missione Garganica dell'Università di Pisa.
"Le stele sono costituite da lastre di pietra calcarea bianca. di forma per lo più rettangolare, e sono alte circa 60 centimetri, larghe da 40 a 50, spesse da 5 a 10. Ciascuna lastra raffigura, in forma estremamente schematizzata, un corpo umano; in alto, al centro, era attaccata la testa, di cui sono rinvenuti pochi esemplari abitualmente staccati dal corpo, anch'essi caratterizzati da una estrema schematizzazione dei tratti... Ora possiamo chiederci: chi furono i creatori di quest'arte? La risposta è che si tratta di antiche genti italiche, e precisamente di quelle che, forse muovendo dalle antistanti regioni balcaniche, si attestarono in Puglia circa tremila anni or sono; non potendosi espandere nell'entroterra per la presenza di altri popoli, esse si fermarono sugli isolotti dell'area paludosa che si estendeva tra Siponto e Salpi... In conclusione, le scoperte del Gargano aprono nuovi orizzonti sull'antica civiltà del nostro Paese. Esse ci mostrano un'arte di provenienza esterna, e dunque tale da inquadrarsi nel fenomeno di cui pure i Greci e gli Etruschi sono partecipi. Ma i Dauni... ci appaiono portatori... di un'arte... che precede le altre in senso logico e fors'anche in senso storico, ampliando e variando insieme il quadro della nostra antica civiltà". (S. Moscati, Italia sconosciuta, 1971).
Ma sono poi, le stele di Siponto, gli ultimi aspetti di questa Italia sconosciuta? Abbiamo accennato nella nostra premessa a quell'ampiezza di interessi, anche da parte di non specialisti; che va concentrandosi attorno alle recenti scoperte archeologiche e non possiamo tacere quelle che si vanno estendendo nell'agro di San Severo, in provincia di Foggia, dal 1965...
Ma quello che è l'aspetto più sorprendente ed estremamente interessante in questa breve panoramica della preistoria e protostoria della Puglia scaturita dall'attenta osservazione dei trulli, che per molti versi sono senza dubbio legati ad epoche remotissime, per altri invece sono li vivi, freschi di calce e palpitanti di vita. Leggiamo quanto scrive a proposito dei trulli Enzo Minchilli, in "La valle dei trulli", 1964.
"I trulli... pur presentando una certa analogia con le "pinnette" sarde, le "casite" istriane, le capanne di pietra delle isole Baleari, alcune costruzioni della Dordogna, delta Navarra, della Catalogna, delle Alpi Liguri, dell'Irlanda, delle Ebrisi, del Kurdistan, regioni affini geologicamente o per caratteristiche dello sfaldamento delle rocce, in Puglia invece hanno carattere singolare, pervenendo ad una tipicità - ma ritengo più esatto definirla purezza architettonica - solo in una particolare zona avente per baricentro Alberobello, la città delle costruzioni a trullo, con i territori dei comuni di Locorotondo, Martina Franca, Fasano, Cisternino, Castellana, Putignano. Quale l'origine che si deve attribuire a questo tipo di costruzione che tanto ci appassiona, e quale l'analogia con quelle di altri Paesi?
"A questa domanda sono state date singole risposte da coloro che hanno studiato il problema, a più d'uno apparse frutto d'inventiva, ma riteniamo opportuno illustrarle per chiarire i riferimenti e la diversità delle teorie avanzate. Il Bertaux, ad esempio, nel ritenere il trullo anteriore alla civiltà di Roma ed anche a quella della prima colonizzazione greca stabilitasi sul litorale jonico... lo definiva... il più antico tipo di costruzione che l'umanità abbia conosciuto. Il Drago asserisce che il trullo ripete forme caratteristiche sorte nei primitivi cicli culturali, il sistema costruttivo, invece, si rivela come un'innovazione di civiltà progredite e di particolari ambienti geografici caratterizzati dall'abbondanza della pietra affiorante, e ricorda come sin dal tempo dei Normanni si avesse notizie dall'esistenza dei trulli. Non esclude però che essi siano il prodotto di precedenti civiltà...
"Le costruzioni a trullo - a mio parere - debbono essere state importate dagli Ittiti in una delle loro migrazioni mediterranee, nei millenni precedenti la nascita di Cristo, in una zona ben precisa - quella di Alberobello - e successivamente si sono sviluppate come tipo edilizio nel territorio della Murgia dei trulli, per ragioni tecnico-economiche". Fin qui il Minchilli, ma come spiegarci interamente la sua ipotesi, per altro abbastanza accettabile, se consideriamo il fatto che se veramente i trulli sono una importazione degli Ittiti, come è possibile che sia, sul litorale ionico che su quello adriatico, di queste tipiche costruzioni non vi è alcuna traccia? E gli Ittiti venivano dal mare. Secondo noi, le antiche civiltà, quali che siano stati i più remoti angoli della terra in cui sono sorte, ci mostrano ancora oggi imprescindibili e comuni caratteristiche di una fonte unica, i cui lontanissimi e innumerevoli rivoli vanno ricercati nella università dello spirito e della intelligenza dell'Uomo.


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